Ho il piacere di presentarvi un’artista davvero speciale: Valentina Scheldhofen Ciardelli, una giovane contrabbassista che vive, insegna e compone a Londra ispirandosi alla figura di Frank Zappa, genio musicale del XX secolo.
Valentina è nata in Toscana da mamma tedesca e padre italiano ed ha iniziato a trascrivere e arrangiare la musica di Frank Zappa all’età di 11 anni. Nel 2009 decide di passare dal pianoforte al contrabbasso per esplorare tutte le possibilità virtuosistiche associate a questo imponente strumento, tanto che diversi compositori hanno scritto per lei. Sempre nel 2019 è uscito il suo primo disco da solista, “Music from the Sphinx” per la casa discografica DA Vinci Classics. Si è diplomata al conservatorio “L. Boccherini” di Lucca, ha ottenuto diplomi e riconoscimenti anche al Royal College of Music e al Trinity College of Music di Londra dove attualmente insegna in qualità di assistente durante le lezioni di Leon Bosch al Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance. Fa parte inoltre di Talent Unlimited, un progetto a sostegno dei giovani artisti.
Numerosi i premi e i concorsi vinti negli anni, tra questi nel 2016 il RCM Double Bass Competition, nel 2018 il Vernon Elliot Double bass Competition, il Vivian Joseph Classical Concerto Competition e il Young Artist Program del Rome Chamber Music Festival (RCMF). Sempre nel 2018 Valentina ha vinto una borsa di studio offerta dall’Accademia Chigiana sotto la guida del Maestro Giuseppe Ettorre. Ha partecipato alla gara finale per contrabbassi solisti indetta dalla Bradetich Foundation a Denton in Texas, insieme a una selezione di 16 giovani contrabbassisti provenienti da tutto il mondo. Tra le esibizioni più prestigiose spiccano quelle con I Solisti Veneti e Claudio Scimone.

Photo Credits: Juno Snowdon
Com’è avvenuto il tuo incontro con la musica, sei cresciuta in un ambiente familiare di musicisti?
Mia mamma suona il pianoforte e fin da piccola ho avuto contatti con questo strumento. Mia nonna era appassionata d’opera e, quindi, anche se non sono figlia d’arte, in casa ho sempre respirato aria di musica. Ti confido un piccolo segreto: ho iniziato a suonare il pianoforte molto presto, ma in realtà ero più affascinata dalla scrittura delle note e dal pentagramma, mi piaceva trascrivere gli spartiti dei brani di musica rock e anche classica con la mia calligrafia da bambina di allora, ma non volevo assolutamente diventare musicista e nemmeno pianista tanto che, fino ai 12 anni, non riuscivo a studiare più di un quarto d’ora al giorno. E alla fine non sono diventata pianista, ma una musicista sì…
Perché la scelta di uno strumento imponente come il contrabbasso e quando hai compreso che sarebbe diventato importante nel tuo percorso professionale?
Come ho accennato prima, io nasco pianista. Fino a dopo la maturità liceale ho suonato il pianoforte da privatista e poi mi sono iscritta a Composizione a indirizzo jazz al conservatorio. Il contrabbasso l’ho incontrato per caso e sentendone il suono me ne sono innamorata. Certo, suona un po’ come in certe scene da telenovelas patinate, ma e’ andata veramente cosi. Ho iniziato a studiarlo all’età di 20 anni e non certo incoraggiata dallo scetticismo dei miei genitori: in effetti, iniziare uno strumento così tardi è abbastanza azzardato. Credo di aver sentito fin da subito che sarebbe stato proprio il contrabbasso lo strumento di accompagnamento alla mia vita, prima di tutto professionale.
Qual è stato il motivo del tuo trasferimento a Londra?
In realtà non c’è stato nessun motivo specifico, il trasferimento è legato al caso: nel 2014 il mio insegnante era docente in un prestigioso college di Londra ed io ho avuto l’idea di fare richiesta di ammissione nello stesso College. Ho vinto un posto per l’iscrizione al Master di perfezionamento in performance, classe di contrabbasso. Mi attirava comunque molto l’idea di poter comprendere come funziona il sistema scolastico e lavorativo musicale in un paese diverso dall’Italia. A dire il vero non avrei pensato di fermarmi qui così a lungo, ma non credo rimarrò per sempre londinese. Il mio sogno è quello di rientrare in Italia: mi piacerebbe costruire il mio nido in Toscana e da lì potermi spostare per fare la musicista itinerante.
Fra i tuoi insegnanti, alcuni ti hanno stimolato maggiormente nel comprendere le tue capacità e nell’intraprendere il percorso professionale?
La relazione che si instaura fra insegnante e allievo dovrebbe essere, secondo me, un legame di fiducia reciproco in cui l’allievo segue le indicazioni del Maestro, però senza diventarne dipendente. L’insegnante a sua volta dovrebbe rapportarsi con l’allievo tenendo in considerazione la sua individualità per permettere lo sviluppo al meglio delle potenzialità. Dovrebbe funzionare un po’ come accade nella relazione genitore-figlio, cioè in un rapporto incondizionato, dove l’unico scopo dovrebbe essere portare avanti un progetto più importante dell’adulto e dell’allievo, un progetto che li unisce: in questo caso la musica. Il rischio è, come in tutte le relazioni umane, di stringere invece rapporti complessi e poco salutari, di dipendenza da entrambe le parti. Non è facile incontrare insegnanti che diano quello di cui si ha bisogno, che rispettino gli spazi personali e non interpretino la tua indipendenza come un tradimento. Io ho avuto la fortuna di entrare in contatto con diverse persone e insegnanti positivi, in particolare posso dire che Leon Bosch è stato, e continua ad essere, un punto di riferimento fondamentale per me, sia a livello tecnico che a livello umano. Mi ha guidato in un percorso di rafforzamento, mi ha insegnato ad auto-osservarmi in maniera analitica allo “specchio” per individuare le possibilità, ma anche i miei limiti e comprendere realisticamente cosa posso offrire a livello artistico, senza vergogna e senza paura, sempre con consapevolezza e coscienza.
Quali compositori hanno ispirato le tue composizioni?
Ci sono tantissimi compositori che mi hanno ispirata sin dall’infanzia, ma qui vi presento solo una top 5 dei miei compositori di riferimento: nell’ordine Frank Zappa, Giacomo Puccini, Leonard Bernstein, Igor Stravinsky e Franz Schubert. Giacomo Puccini l’ho scoperto tramite mia nonna, Schubert è un compositore che ho approcciato grazie a mia madre.
Ovviamente Frank Zappa è la punta di questa piramide. Tramite lui, a undici anni, sono entrata in contatto con un mondo vastissimo: la musica contemporanea del 20esimo secolo, Stravinsky, Varese, Boulez e molti altri. Per me, ragazzina di undici anni, ascoltare un disco di Frank Zappa è stato decisivo! Mi ha letteralmente cambiato la vita, aiutato a crescere, sviluppare concetti, idee, ascoltare musica, andare oltre, fare ricerca, essere curiosa. Frank Zappa è la persona a cui devo gran parte delle mie scelte nella vita e nella musica, quindi non posso non considerarlo come, passatemi il termine, “musa ispiratrice”.

Photo Credits: Barbara Cardini
Nel tuo recente ruolo di giovane insegnante, cosa ti proponi di trasmettere ai tuoi allievi attraverso la musica?
Tecnica, consapevolezza, determinazione e fede sono le componenti necessarie per un musicista e un insegnante deve saperle trasmettere, anche perché sono valori applicabili in ogni ambito professionale. Il punto imprescindibile è acquisire con padronanza la tecnica, non ci sono scorciatoie, bisogna lavorare duramente ed essere coscienti di quello che si è in grado di affrontare, per poter fare le scelte migliori per noi stessi. Un altro aspetto a cui tengo molto e che ripeto spesso ai miei studenti è quello di non avere timore di esprimere apertamente ciò che piacerebbe realizzare a livello artistico e i propri desideri, lo considero un passaggio essenziale quando si decide di intraprendere la carriera tortuosa nella musica.
Parliamo del tuo progetto collegato al contrabbasso?
Il mio progetto legato a questo strumento lo sento come una specie di missione sociale che si realizza attraverso l’arte. Il contrabbasso è per me lo strumento con cui ho deciso di esprimermi, ma non vorrei essere etichettata per questo. Il contrabbasso è, appunto, uno strumento, ma non è Valentina. Mi piace e l’ho scelto per esprimermi, ma Valentina è prima di tutto una persona, una musicista, un’artista che è sempre alla ricerca di capire il tempo e i contesti sociali in cui vive per condividere le sue impressioni con il pubblico.
Sono molto attiva da anni per favorire l’affermazione e diffusione dei concetti di “equità strumentale” ed “emancipazione artistica” per far comprendere, soprattutto nel mondo della musica classica, che purtroppo ancora oggi gli artisti vengono prima giudicati per lo strumento che suonano, quindi catalogati e, solo in un secondo momento, forse, valutati come artisti e esseri pensanti portatori di emozioni.
Il catalogare, mettere targhette, dividere in categorie le persone la considero una modalità arcaica e sorpassata che, grazie al cielo, a livello sociale stiamo tentando con tutte le forze di contrastare.
Ed eccoci al Progetto How I met Puccini…
Il concetto fondamentale è stato quello di creare una sinergia tra artisti, mecenati e associazioni musicali, focalizzata soprattutto sulla figura del giovane interprete all’inizio della carriera, bruscamente messa in stand-by dall’arrivo della pandemia. Lo stop improvviso ha causato a chi era agli inizi della propria attività professionistica problemi finanziari molto grandi, vista la quasi totale cancellazione dei concerti e quasi nessun introito concreto. La ricollocazione del musicista in altri ambiti come proposto da alcuni governi, come ad esempio quello britannico, non è una soluzione concreta e efficace, perché porterebbe inevitabilmente al non ritorno del musicista sul mercato: un performer non si ferma mai, non va in vacanza, non va in aspettativa, non va in pensione. Lo studio deve essere continuo, così come la produzione di contenuti e la crescita intellettuale, per rendere alla comunità i frutti del proprio lavoro. Fermarsi adesso, oltre che a una grave perdita di materiale intellettuale, comporterebbe la cancellazione di una o due generazioni di giovani interpreti e solisti, persa tra le nebbie della crisi pandemica. Come attivista per la mia categoria, ho cercato di trovare soluzioni concrete e attuabili per rieducare il pubblico alla bellezza della fruizione dell’arte, contando anche sulla collaborazione di altri colleghi musicisti e artisti. Allo stesso tempo, come imprenditrice, ho ripercorso la desueta ma preziosissima tradizione del buon mecenatismo (senza la quale il Rinascimento non sarebbe esistito) per reperire concretamente fondi e contributi. Un esperimento sociale, una strada da intraprendere con coraggio.
Da piccolissimo progetto autogestito siamo arrivati in 5 mesi a poter portare avanti e creare un circolo virtuoso di enti, sponsors e artisti che sono riusciti a ovviare la staticità pandemica portando un format innovativo e mirato al riavvicinamento al teatro dei giovani. Adesso avendo nel roster dei sostenitori anche La Famiglia Artistica Milanese, l’Unesco e realtà prestigiosissime come la Southbank Sinfonia di Londra e Teatro del Giglio ci sentiamo pronti a debuttare dal vivo nei teatri, portando alle numerose persone che ci hanno seguito e il pubblico che si è creato, l’opportunita’ di sentire How I met Puccini dal vivo.
Rimanendo in argomento, come hai vissuto la fase del lockdown a Londra e cosa ne pensi dei concerti via streaming?
La fase del lockdown è stata per me anche positiva. Ho ricominciato a dipingere, ho composto tantissimo e studiato. Ho avuto il tempo di analizzarmi con calma e capire che cosa potevo migliorare di me stessa anche a livello personale. Da un altro lato è stata difficile e dolorosa: solo chi è un performer può capire esattamente la sensazione di mancanza d’aria, ansia, dolore fisico nel non poter suonare su un palco. Suona probabilmente esagerato, ma il vuoto, lo sconcerto del non sapere che cosa succederà nel futuro, credo siano stati d’animo vissuti in prima persona da tutti noi.
Le mie lezioni sono state trasportate su piattaforme online e questa modalità si è rivelata un aiuto notevole, ma molto meno efficace soprattutto con gli allievi agli inizi del percorso. I concerti in streaming a mio parere sono un palliativo legato allo stato eccezionale, non una soluzione e onestamente ne ho guardati pochissimi perché non riuscivo a concentrarmi e a farmi coinvolgere dal rituale. Le registrazioni e i video format alternativi invece sono preziosi, tant’è che io stessa ne ho prodotti parecchi: li considero un mezzo di comunicazione potente per avvicinare le persone al mondo del teatro e della performance dal vivo. Quindi possono rappresentare una sorta di “trailer” per offrire un’anticipazione al pubblico di ciò che proverà dal vivo e in maniera tale vanno considerati, mezzi da utilizzare a 360 gradi per raggiungere un pubblico molto vasto, ma solo per una prima fase. Insomma, dovrebbe essere come con il cibo del ristorante buono in delivery a casa… se lo si trova appetitoso, la cosa bella è poi consumarlo in loco, vivere il ristorante, i suoni, i profumi, il cibo fresco sul tavolo e condividerlo in buona compagnia, che soddisfazione!
Hai nel cassetto progetti discografici?
Ho due progetti importanti per il 2021 e 2022. Il primo progetto riguarda l’incisione del primo disco registrato a livello mondiale per un duo stabile contrabbasso/arpa di musica classica contemporanea. Filo conduttore e tema centrale del disco è l’osmosi che si stabilisce fra la cultura giapponese e la musica occidentale. Non voglio anticipare e pubblicizzare troppo il repertorio, ma posso dire che un brano del disco è stato scritto per noi dal Maestro Yoshihisa Hirano, compositore di musica classica, soundtracks e della colonna sonora del noto “Anime Death Note”.
L’altro progetto discografico è il mio primo disco da compositrice dove saranno incisi una serie di brani per strumento solo, composti tutti durante il lockdown qui a Londra e eseguiti da 9 artisti internazionali. Gli strumenti sono il pianoforte, violino, voce, arpa, contrabbasso e chitarra classica. Backwards è il suo titolo e racchiude come concetto fondamentale quello dell’esplorazione delle sonorità degli strumenti acustici con effetti elettronici prodotti con tecniche estese, l’uso della tecnica del campionamento e della citazione di parti di melodie note trattate in maniera “reverse”. Insomma un disco post-pandemico che inneggia all’apertura, soprattutto quella mentale!

Photo Credits: Anna Astesano