“Jascha Heifetz L’imperatore solo”
di Alberto Cantù
Zecchini Editore
euro 19
La collana “Grandi Violinisti” della Zecchini Editore si arricchisce del secondo volume dedicato a Jascha Heifetz (Vilnius 1901-Los Angeles 1987). L’autore Alberto Cantù anche stavolta riesce a ricostruire l’immagine e la vita di un fuoriserie del violino evitando toni apologetici ma piuttosto prendendo in esame sia gli aspetti positivi e le testimonianze degli estimatori, sia i dubbi e i giudizi dei detrattori del virtuoso.
Heifetz nasce attorno al 1900 in Lituania dove inizia a studiare a tre anni; a diciassette approda con la sua famiglia negli Stati Uniti provocando, con il debutto alla Carnegie Hall di New York, il “terremoto Heifetz” e dando il via ad un fenomeno prevalentemente americano.
A differenza di altri artisti come Menuhin o Milstein, durante la carriera si esibisce quasi esclusivamente negli Usa: qui la grande rete dei media (radio, televisione e grandi case discografiche come la RCA e la Victor) contribuisce a renderlo un modello di riferimento per i colleghi del periodo, uno dei violinisti più quotati del Novecento e del periodo “moderno”.
Heifetz, come Paganini in passato, apporta una ventata di novità, costringendo a rivedere le regole del violinismo: la sua asciuttezza senza fronzoli e la velocità d’esecuzione vengono definite antiromantiche, in contrapposizione allo stile tardo romantico dei colleghi contemporanei; alla sua naturale attitudine per lo strumento, si aggiungono una continua ricerca della perfezione che poggia su qualità tecniche eccelse, una personalità misteriosa.
Heifetz possiede una precisione d’intonazione dovuta ad un orecchio eccezionale ma soprattutto ad un esercizio assiduo anche con le scale più scomode che ripeteva con la più rigorosa disciplina: pare che lo studio delle scale occupasse un terzo del tempo che dedicava allo studio del violino.
Il suo “vibrato continuo”, rapido, contrapposto al vibrato dolce di chi vibrava con un’ampia oscillazione del polso e del braccio, si adattava di volta in volta al brano, all’autore, a un repertorio vastissimo che affrontava sempre con sicurezza e con un’espressione del volto ferma e talvolta glaciale, senza mai dare segni di fatica e di sforzo fisico.
Come spesso avviene per i bambini superdotati che bruciano troppo in fretta le tappe, Jascha ha una personalità complessa e sofferente; è un “imperatore solo” con le sue difficoltà affettive e relazionali, con le sue crisi periodiche, con i suoi irrigidimenti che spesso manifesta con il mondo esterno.
Quarant’anni di vita sotto le luci dei riflettori che lo portano fino agli anni ’60: lo scenario si modifica e la maggior parte dei giovani violinisti si rivolge al pubblico mostrando uno stile esecutivo più libero e sciolto. Jascha d’ora in poi preferisce orientarsi all’insegnamento e alla musica da camera, che considera l’essenza stessa della musica, la sua vera passione.
Il libro si completa con la discografia e videografia, curate da Marco Iannelli, caratterizzate da un’eterogeneità di autori e stili musicali che spaziano dal jazz a brani tradizionali.
www.zecchini.com
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